(Redazione) – Benvenuti all’inferno. La spirale di violenza nella Repubblica centrafricana non conosce soste. Il paese è insanguinato da una guerra tra cristiani e musulmani che ha causato migliaia di morti e circa un milione di sfollati. Per molti osservatori, lo stato africano ricorda il Ruanda di 20 anni fa. La Repubblica Centrafricana non aveva mai sperimentato una simile spirale di violenze settarie. Eppure nella sua storia, sin dall’indipendenza dalla Francia nel 1960, non sono mancati colpi di stato e guerre civili.
L’ultima strage in ordine di tempo ha colpito ancora una volta la comunità cristiana, vittima di una vera e propria pulizia etnica da parte degli estremisti islamici. Diciassette persone sono state uccise e altre ventisette sono state sequestrate nell’attacco alla chiesa di Nostra Signora di Fatima a Bangui. Lo ha indicato a Ginevra un portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Fatoumata Lejeune-Kaba ha indicato che il luogo di culto ha ospitato quasi novemila sfollati fino al momento dell’attacco: “Almeno diciassette sono stati uccisi e altri ventisette sono stati rapiti dagli assalitori e portati in una destinazione sconosciuta”.
Sono arrivati, ha aggiunto il portavoce dell’Unhcr, a bordo di pickup e hanno lanciato granate per poi aprire il fuoco sulla gente. Un sacerdote è stato ucciso durante l’attacco e due bambini sono morti a seguito delle ferite riportate, ha segnalato, indicando che l’agenzia dell’Onu ignora “quanti veramente fossero gli assalitori”. L’attacco è stato attribuito da testimoni a uomini dell’ex guerriglia Seleka, a maggioranza musulmana.
Anche i musulmani sono finiti nel mirino. La settimana scorsa sono stati uccisi e mutilati tre musulmani nella capitale da milizie animiste e in parte cristiane chiamate anti -balaka (antidoto). Queste brigate rappresentano da mesi il principale problema del paese, dopo che le forze internazionali hanno a fatica liberato il Centrafrica dalla presenza dei ribelli della coalizione Seleka che hanno perseguitato i cristiani per otto mesi. I ribelli Seleka a loro volta hanno annunciato di essersi riorganizzati sotto la coordinazione di Abdoulaye Hisseine e di controllare larga parte del nord del paese, nonostante il loro leader Djotodia sia stato costretto dalla comunità internazionale a lasciare la presidenza in favore della nuova guida del paese Catherine Samba-Panza. I ribelli avrebbero formato forze irregolari parallele alla polizia e all’esercito e intenderebbero dividere il paese in più Stati.
Le violenze stanno spingendo le famiglie al limite della sopravvivenza, mentre i finanziamenti per questa crisi sono quasi esauriti. instabilità economica peggiorano ancora di più la situazione. Il Paese è in balia di una violenza che nessuno sembra poter controllare. Nemmeno i moniti delle Nazioni Unite, che hanno parlato di un vero e proprio genocidio, o del procuratore della Corte Penale Internazionale, che sta per aprire un’inchiesta formale sui massacri che stanno avendo luogo in quello stato sconosciuto ai più, hanno smosso l’opinione pubblica e attirato i media. Nonostante i soldati dell’Unione Africana, della Francia, dell’Unione Europea e dell’Onu siano schierati sul campo per riportare la situazione alla normalità, la violenza aumenta giorno dopo giorno.
Quella nella repubblica Centrafricana continua a essere una guerra nell’ombra, un conflitto dimenticato da tutti. Per gli operatori dell’informazione è diventato molto pericoloso fare il proprio lavoro e raccontare quello che sta accadendo nel cuore dell’Africa. La nomina del Presidente e dei nuovi ministri non ha portato alcuna tranquillità. La situazione è persino peggiorata.
Gli operatori umanitari fanno il possibile e l’impossibile. Emergency ha aperto a Bangui un centro pediatrico che negli ultimi mesi è stato affollato da centinaia di bambini con ferite da coltello, schegge di granata e proiettili. “Sono tantissimi i ragazzini arruolati, sia dai ribelli islamici scesi dal nord che dalle milizie cristiane di autodifesa che si combattono nella capitale”, afferma Alessandra Napoleone, medico anestesista di Cagliari al suo ritorno in Italia da una missione in Repubblica Centroafricana con Emergency.
Le strade della capitale continuano a essere insicure e anche portare le cure a bambini, che vivono in condizioni al limite della sopravvivenza, diventa sempre più difficile. Ogni giorno ci sono feriti, sfollati, persone che scappano. Sul campo ci sono nche Amnesty International, ICRC (la Croce Rossa internazionale) e Medici senza Frontiere. Save the Children fa da supporto in uno dei principali ospedali cittadini con interventi di salute e nutrizione nel Nord Ovest del paese, per un totale di quasi 60.000 bambini e adulti raggiunti. In tutto il Paese ci sono solo 7 chirurghi, con una popolazione di 4,6 milioni di persone.