Scenari di guerra dal Medioriente all’Europa. Siamo in piena guerra fredda, la paura del dopo


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(Talal Khrais) – Con la fine della guerra fredda rappresentata dalla caduta del muro di Berlino (1989), il Mondo credeva in una nuova era, nello smantellamento di migliaia di testate nucleari, nella fine degli scontri tra il vecchio continente e la Russia e l’inizio di una vera e propria cooperazione nel campo della sicurezza e dello sviluppo. Abbiamo creduto e sperato in un ruolo Europeo sovrano che potesse ricoprire un ruolo di primo piano negli interessi strategici ma, soprattutto, un ruolo di pace.

Le speranze si sono invece rivelate vane.

Il 30 ottobre del 1991, la Conferenza di Madrid, avrebbe dovuto affrontare il nodo centrale della questione palestinese e il conflitto Arabo ed Israeliano, e contribuire alla fine del conflitto nella martoriata Regione. Ma come sappiamo, gli scontri nella striscia di Gaza sono ancor oggi all’ordine del giorno e l’Europa non è stata in grado di ricoprire quel ruolo di pace che si era prefissata.

Nel 2002, i vertici dei capi degli Stati Arabi riuniti a Beirut, hanno lanciato una storica proposta: “Pace in cambio al Territorio” ovvero il riconoscimento dello Stato Ebraico, il riconoscimento dello Stato Palestinese e la restituzione dei territori arabi occupati nel 1967. La riposta israeliana è arrivata dopo poche ore: “La proposta vale meno della carta e dell’inchiostro con i quali è stata redatta”. Israele, sostenuto dagli Stati uniti ha scelto la via militare per non concedere nulla, conservando i territori e ottenendo la normalizzazione con i Paesi Arabi.

Da allora abbiamo ben capito che il comunismo era sì caduto insieme al muro ma il feroce capitalismo si era trasformato in un nuovo imperialismo, nell’ampliamento dello spazio Nato nelle Repubbliche ex sovietiche contrariamente  ai principi della conferenza di Budapest) e nel sostegno alla politica espansionistica israeliana nella Regione palestinese.

Questo nuovo imperialismo, come sappiamo, viene contrastato dall’asse della Resistenza che mira e riesce e a far fallire tutti i piani strategici, sia in Iraq che in Siria, di Stati Uniti e Israele che non fanno altro che favorire il terrorismo.

Di fronte al terrorismo oggi si lavora per un’alleanza di 55 Paesi che possa contrastare la violenza e il terrore di 50 mila uomini dello Stato dell’Iraq e del Levante.

Da ricordare, a tal proposito, che il Libano con il suo piccolo esercito ha mandato via dai villaggi libanesi 20 mila terroristi causando centinaia di morti. Per risolvere il conflitto in modo decisivo, sarebbe sufficiente armare bene l’Esercito libanese e non fornire più armi al terrorismo.

Questa alleanza, secondo la Stampa Araba, ha anche lo obbiettivo di dare fiato allo Stato Ebraico che perde la sua superiorità militare nella striscia di Gaza.

Inoltre, se è vera la teoria americana secondo cui “il nemico del nostro nemico è nostro amico” significa che glu USA dovranno collaborare con la Siria in prima linea nei combattimenti contro i terroristi. Ma il fatto che Washington abbia comunque autorizzato l’effettuazione di voli di sorveglianza nello spazio aereo siriano, senza collaborazione con Damasco, appare una conferma delle cattive intenzioni della casa bianca.

La verità è che nella NATO dopo la caduta del Muro di Berlino, esiste una sola concezione: l’attuazione dei piani di controllo e il dominio statunitense con uso strumentale e univoco degli alleati considerati, secondo il rango, propri sodali (britannici e francesi) o meri esecutori (aggregati vecchi e nuovi). L’Italia è da sempre nella seconda schiera e viene ora chiamata con Germania, Danimarca, Polonia, Turchia, Canada e Australia ad attrezzarsi per attuare i nuovi piani della rilanciata “sicurezza globale” targata Pentagono.

In tutto questo, la Russia viene considerata dalla NATO non come una vera potenza o un partner reale ma un’appendice.

In realtà Mosca è, non solo in prima linea nella lotta per la difesa dei cristiani del Medio Oriente, ma nelle Repubbliche caucasiche ha anche problemi con il terrorismo jihadista addirittura più acuti di quelli che stanno terrorizzando la Siria e l’Iraq.

Allo stato attuale, ci si chiede quindi come sia possibile che se, in teoria, tutti sono d’accordo sul fatto che l’obiettivo principale sia quello di fermare il terrorismo, perché vengono imposte nuove sanzioni e vengono puniti i Paesi che realmente lo combattono come Russia, Iran e Siria.

La verità è che se si vuole veramente combattere il terrorismo non è necessaria questa “diabolica” alleanza internazionale ma bisogna che gli Stati Uniti intervengano contro chi favorisce gli spostamenti dei terroristi, in particolare la Turchia. Tutt’ora, infatti, escono ed entrano i terroristi dello Stato dell’Iraq e del Levante insieme a Jabhat El Nosra.

A mio parere, l’atteggiamento degli Stati uniti con il placito dell’Europa si dimostra molto pericoloso in quanto non fa altro che incrementare i conflitti.

Al contempo anche l’Occidente sta commettendo errori gravissimi in Medio Oriente favorendo i gruppi salafiti contro Stati Sovrani. Gli stessi errori vengono commessi nelle ex Repubbliche sovietiche, a partire dell’Ucraina, dove gli Stati Uniti sostengono un golpe di gruppi nazifascisti anti russi.

 

 

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