(Francesco Gori) – E’ Daniele Raineri il giornalista italiano che si trovava con Greta Ramelli e Vanessa Marzullo al momento del loro rapimento in Siria, la notte del 31 luglio. Raineri è riuscito a scappare e a dare l’allarme. Questa è la versione fornita da stampa e televisioni. A rilanciare per primi la notizia sulla identità del giornalista sono stati alcuni siti arabi, poi il quotidiano giordano Assabeel. I media italiani, tra i quali il sito di Rainews, ne hanno parlato soltanto a distanza di 24 ore. Secondo alcuni siti arabi, a compiere il rapimento sarebbe stata la brigata Liwa al Tawhid, un gruppo formato da circa 8 mila jihadisti. Secondo altri, invece, sarebbero nelle mani di criminali comuni, pronte per essere vendute a gruppi più organizzati.
Il doppio sequestro sarebbe avvenuto nella località di El Ismo, a ovest di Aleppo, nella casa del “capo del Consiglio rivoluzionario” locale, dove le due giovani erano ospitate. Anche il luogo del rapimento è un mistero: secondo alcune fonti, le italiane si trovavano a Abzimo o a Idlib. A portarle in quel luogo è stato proprio il giornalista che da anni entra in Siria attraverso il confine turco per sostenere l’opposizione contro Assad e diffondere, attraverso il suo giornale, le posizioni dei cosiddetti ribelli.
Un’informazione non esente da critiche visto che lo stesso Raineri è stato più volte accusato di pubblicare articoli senza verificare la fonte o, nella migliore delle ipotesi, prendendo per buona qualunque notizia arrivasse dai gruppi anti Assad. Clamoroso lo scoop, con tanto di fotografie, delle bombe al cloro usate dal “regime” nella città fantasma di Kfar Zeita. Uno scoop ripreso persino dal quotidiano britannico The Telegraph e svanito nel giro di qualche giorno per l’evidente bufala messa in campo dal giornalista italiano.
A inchiodare Raineri lo scatto che nessun giornalista dovrebbe mai mostrare: un frammento di un ordigno usato durante il (presunto) bombardamento. Un frammento arruginito, forse vecchio di anni, difficilmente riconducibile a una bomba. Ma Raineri è sicuro: quello è il pezzo di una bomba al cloro. Del cloro nessuna traccia, di ruggine tanta.
Poi, in un altro scatto, viene mostrato un frammento con la scritta “Cl2”, Cloro. Una patacca bella e buona che davvero in pochi hanno preso per buona. Infine, su una bomba, il simboletto della R inserita in un cerchio (il Registered Trademark) che, come si sa, indica un prodotto a Marchio Registrato. Insomma, lo scoop dell’anno si trasforma nel bluff del secolo e Raineri viene sbeffeggiato dalla Rete (da segnalare un bellissimo articolo di Francesco Santoianni sul sito sibialiria.org) che non dimentica le sue frequentazioni in Siria.
La stessa Rete e siti di informazione indipendenti non dimenticano i finti massacri attribuiti dalla penna del Foglio ad Assad. Massacri spesso commessi dai cosiddetti ribelli. Censura e manipolazione di notizie sono le accuse che in questi anni di conflitto in Siria sono piovute sulla testa di un giornalista che viene ricordato anche per i suoi mirabolanti reportage per il Tg di Mentana a La Sette.
Piaccia o meno, Raineri è uno così, che entra in Siria in modo illegale accompagnandosi a personaggi e a gruppi armati dell’opposizione molto pericolosi. Si tratta spesso di fazioni radicali che nessuna persona di buon senso, soprattutto in questo frangente del conflitto in Siria, dovrebbe frequentare. Sono queste le fonti di cui si avvale per scrivere i suoi articoli. Lì, in quell’inferno, ha condotto le due ragazze bergamasche, affascinate da una Rivoluzione che un altro giornalista, Domenico Quirico, ha definito fallita e totalmente in mano a bande di criminali.
Un amico delle due ragazze ha ammesso che Greta e Vanessa sono partite dall’Italia con Raineri. Un viaggio che doveva avere un esito diverso, evidentemente. Lui è tornato a Roma, le due giovani invece sono state risucchiate dall’incubo siriano.
Ora non resta che aspettare e, per chi crede, pregare per la loro liberazione. Raineri, invece, dovrà fare i conti con la propria coscienza e dovrà spiegare ai magistrati molte cose su questo sequestro. Perché molte cose non tornano.
Su questa vicenda la Procura di Roma ha aperto un fascicolo dove si ipotizza il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo. L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Gli accertamenti sono stati affidati ai carabinieri del Ros coordinati dal colonnello Massimiliano Macilenti.