(Angelo Gambella) – Lunedì 16 maggio, alle ore 12.14 di Damasco si è verificato un terremoto di magnitudo 4.4, a circa 18 km a nord di Palmira, come rilevato dalla strumentazione del Centro Nazionale per i Terremoti della Siria. L’agenzia ufficiale SANA, che rilancia la notizia, riporta che l’evento è avvenuto alla profondità di 10 km con precise coordinate “at the longitude 38.28 and latitude 34.72”.
Nello stesso lancio di agenzia non si fa alcuna menzione di danni e vittime nell’area di Palmira. Tuttavia, l’evento risulta anomalo in quanto non ripreso dai network internazionali, che normalmente registrano anche eventi di entità non elevata come quello del deserto siriano.
Di più, nel corso del pomeriggio, rapporti consultabili via twitter riferibili all’opposizione di Palmira segnalano tre esplosioni presso l’area di estrazione gassifera e del petrolio di Shaer, seguiti da altri tweet relativi ad ambienti più vicini all’ISIS che confermano e rivendicano la distruzione di impianti fino a collegarla all’evento sismico.
Circa 10 giorni fa l’ISIS ha catturato l’area petrolifera di Shaer, per poi a minacciare la base aerea di Tyas (T4) e mettendo in pericolo le linee di rifornimento da Homs a Palmira stessa. La controffensiva dell’esercito siriano con il sostegno di consiglieri militari russi e il supporto aereo delle aviazioni russa e siriana, ha consentito di riguadagnare terreno perduto e di affrontare le milizie dell’ISIS in prossimità degli impianti petroliferi. Le forze del Califfato, in fase di ripiegamento, hanno dunque fatto saltare alcuni impianti provocando grosse esplosioni.
Le coordinate fornite dalla SANA sono compatibili con l’area dei pozzi di Shaer, e la connessione fra le esplosioni e l’evento tellurico appare evidente.
Lasciando agli esperti lo studio sulle dinamiche che dalle esplosioni di superficie portano alla frana o rottura sotterranea, le valutazioni che possiamo effettuare si possono incentrare su due punti.
Da un punto di vista strettamente militare l’azione dell’ISIS appare puntare, in questa fase, sulla tattica della “terra bruciata”, privando il governo di Bashar al Assad dell’estrazione del gas per un periodo non certo breve.
Infine, è possibile evidenziare che alla pericolosa azione dell’organizzazione jihadista non ha corrisposto l’eco mediatica internazionale solitamente riservata ad eventi di questo genere.