Terrorismo in Arabia Saudita: il doppio gioco di Re Abdullah


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(Francesco Gori) – Il Tribunale penale speciale in Riyadh ha condannato a morte 3 sauditi e altri 20 a pene detentive che vanno dai cinque ai 25 anni per aver aderito a una cellula terroristica legata ad Al-Qaeda nel regno. Lo stesso giudice ha condannato alla pena capitale altri 4 sauditi  e altri 16 a pene detentive che variano da 16 a 23 anni. In totale sono 94 le persone accusate di terrorismo dai giudici della monarchia del Golfo..

L’accusa è di aver abbracciato “l’ideologia dei Takfiri e di aver rapito, torturato e ucciso moltissime persone nel regno”. Agli imputati è stato contestato anche il reato di resistenza all’arresto da parte degli uomini della sicurezza saudita ai quali avrebbero anche sparato nel raid che ha portato in carcere i pericolosi terroristi. Uno degli imputati è stato condannato in contumacia.

A partire dal 2011, dopo l’ondata di attentati che hanno scosso il regno, i tribunali sauditi hanno accusato di terrorismo numerosi cittadini, anche di nazionalità straniera. Le associazioni per i diritti umani hanno accusato le autorità saudite di perseguire per il reato di terrorismo gli attivisti politici che chiedono riforme, sempre negate dal re Abdullah bin Abdul Aziz.

La stessa Arabia Saudita è accusata di esportare il terrorismo di matrice islamica in paesi come Iraq e Siria, finanziandolo con ingenti risorse economiche. La strategia sarebbe quella di ripulire il proprio paese dalle organizzazioni come al Qaeda, inviando nel contempo i terroristi nei paesi governati dai sciiti.

A tal proposito, James Petras di Global Research scrive: “Il paese è governato da una dittatura familiare che non tollera opposizione e punisce severamente i difensori dei diritti umani ed i dissidenti politici. Centinaia di miliardi di entrate dal petrolio e investimenti speculativi sul carburante in tutto il mondo sono controllati dal dispotismo reale. L’élite al governo, per la difesa, dipende dall’acquisto di armi occidentali e basi militari USA.  La ricchezza di nazioni produttive viene assorbita per arricchire il cospicuo consumo della famiglia saudita al potere. L’élite al governo finanzia la versione più fanatica, retrograda e misogina dell’Islam, i “Wahhabi”, una setta dell’Islam Sunnita”.

Continua Petras: “La dittatura saudita si è data al finanziamento, l’addestramento e l’armamento di terroristi islamici, che hanno lo scopo di attaccare, invadere e distruggere i regimi che si oppongono a quello clericale e dittatoriale dell’Arabia SauditaLa mente della rete terroristica saudita è Bandar bin Sultan, che ha profondi legami, di lunga data, con gli alti livelli della politica, dell’esercito e dell’intelligence statunitensi. Bandar fu addestrato ed indottrinato alla Maxwell Air Force Base e all’Università Johns Hopkins, servì come Ambasciatore saudita in USA per più di due decenni (1983 – 2005). Tra il 2005 – 2011 fu Segretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza e nel 2012 fu promosso Direttore Generale dell’Agenzia di Intelligence saudita. Agli inizi, Bandar fu profondamente coinvolto in operazioni di terrorismo clandestino in collegamento con la CIA”.

“La rete terroristica di Bandar è più evidente nel finanziamento a lungo termine su larga scala, armando, addestrando e trasportando decine di migliaia di terroristi Islamici “volontari”  da USA, Europa, Medio Oriente, Caucaso e da altre parti. I terroristi di al-Qaeda – denuncia Petras – in Arabia Saudita divengono “martiri dell’Islam” in Siria. Dozzine di bande islamiche armate in Siria sono entrate in competizione per armi e fondi sauditi. Basi di addestramento, con istruttori europei e americani e con finanziamenti sauditi, sono state collocate in Giordania, Pakistan e Turchia. Bandar ha finanziato il maggior gruppo armato di terroristi islamici “ribelli”, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante per operazioni di confine”.

A febbraio, re Abdullah ha emesso un decreto reale che prevede la reclusione da 3 a 20 anni per tutti coloro che si uniscono a cellule terroristiche  all’estero o che appartengono a gruppi estremisti religiosi – intellettuali. La punizione è più grave se l’autore è impegnato in attività militari. Per molti osservatori si tratta di una copertura: in realtà l’obiettivo di quel decreto non sarebbero i terroristi ma soltanto gli oppositori interni del regno.

 

 

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