Trump e i giganti tech. Progresso o monopolio?


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(Federica Cannas) –  Con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, abbiamo assistito a una scena da film di fantascienza. Al suo fianco, i colossi della Silicon Valley. Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, di solito impegnati a scannarsi per il mercato tecnologico, sono improvvisamente diventati migliori amici, pronti a progettare il futuro dell’umanità. Un’immagine surreale.

Questa super squadra tecnologica potrebbe davvero accelerare innovazioni che sembravano ancora lontane. Gli Stati Uniti vogliono mettere il turbo alla tecnologia, e con questi nomi al tavolo, non c’è dubbio che la potenza di fuoco sia impressionante.

Ma c’è un ma. Anzi, un grosso ma.

L’A.I. nelle mani giuste può fare miracoli, nelle mani sbagliate, è come mettere un’auto da corsa nelle mani di un neopatentato. Può vincere una gara o schiantarsi alla prima curva.

E poi, c’è da chiedersi se questa intelligenza artificiale sarà davvero usata per migliorare la vita di tutti o finirà per arricchire ancora di più chi è già ricco? Insomma, ci sarà il rischio che i droni consegnino pacchi solo a chi può permetterseli, mentre gli altri restano a guardare?

Elon Musk sogna di portarci su Marte e di farci guidare auto che si guidano da sole (anche se, nel dubbio, lui ci tiene a ricordarci che l’A.I. può diventare pericolosa se non regolata). Jeff Bezos vuole che Amazon capisca cosa vogliamo ancora prima che lo sappiamo noi. E poi c’è Mark Zuckerberg, il re del metaverso, che sogna un mondo in cui passiamo più tempo come avatar che come esseri umani in carne e ossa.

Certo, l’immagine di questi tre geni che lavorano insieme fa impressione, ma non possiamo fare a meno di chiederci se riusciranno davvero a collaborare o passeranno più tempo a contendersi chi ha avuto l’idea più brillante. Sono abituati a dominare i mercati da soli, non a condividere la torta.

E poi, la vera domanda è: chi controllerà tutto questo? Perché l’A.I. può cambiare il mondo, ma se non ci sono regole chiare, rischiamo di ritrovarci in un futuro dove il controllo è tutto nelle mani di pochi.

Questo significa che, se gli Stati Uniti dovessero riuscire nel loro intento (bravi loro, eh), il resto del mondo rischierebbe di trovarsi con un divario tecnologico abissale, difficile, se non impossibile, da colmare.

Studiare le conseguenze, le applicazioni e le opportunità dell’intelligenza artificiale non è più una scelta, ma una necessità. Ignorarla significa restare bloccati ai blocchi di partenza mentre il resto del mondo sfreccia verso il futuro a velocità mai viste prima.

Dalla sanità al marketing, dall’industria all’intrattenimento, ogni settore verrà rivoluzionato. E più tardi iniziamo a capire come funziona, più dura sarà la rincorsa per recuperare il terreno perso.

L’intelligenza artificiale non è solo un vantaggio competitivo: è il nuovo linguaggio universale, l’alfabeto che dobbiamo imparare per orientarci in un mondo sempre più guidato dalla tecnologia. Non serve essere scienziati per padroneggiarlo, ma un minimo di dimestichezza serve, fosse anche solo per capire cosa sta succedendo mentre il futuro ci investe in pieno.

La verità è che il futuro dipende da come verranno usate queste tecnologie. Alla fine, l’intelligenza artificiale è come una penna. Con la stessa penna puoi scrivere una poesia o una multa. Dipende da chi la usa.

E noi? Noi dobbiamo restare vigili, perché quella penna potrebbe scrivere il nostro futuro. E forse, più che robot e droni, il vero progresso sarà costruire un mondo dove la tecnologia è al servizio di tutti, non di pochi.


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