(Raimondo Schiavone) – Un’inchiesta del quotidiano olandese De Telegraaf ha rivelato che l’Unione Europea avrebbe finanziato gruppi ambientalisti per sostenere le politiche green dell’ex commissario Frans Timmermans. Secondo il giornale, Bruxelles avrebbe utilizzato fondi destinati a sussidi climatici e ambientali per creare una sorta di “lobby ombra” con l’obiettivo di rafforzare il Green Deal europeo.
Tra gli esempi citati nell’inchiesta emerge un contratto da 700.000 euro destinato a influenzare il dibattito sull’agricoltura. Inoltre, la contestata Nature Restoration Law, fortemente sostenuta da Timmermans, sarebbe stata promossa da un’organizzazione coordinata di 185 associazioni ambientaliste. Secondo i documenti visionati, le lobby avrebbero ricevuto liste con i nomi dei politici da contattare e sarebbero state incaricate di fornire esempi concreti di come il Parlamento europeo abbia reso la legislazione verde più ambiziosa grazie alla loro attività.
A questo punto la domanda sorge spontanea: se un politico italiano fosse stato beccato a fare la stessa cosa, che fine avrebbe fatto? La storia insegna che per molto meno, nel nostro paese, si è finiti agli arresti o si sono distrutte carriere politiche. Ma evidentemente tutto dipende da come si racconta la storia: oggi si parla di lobby e di promozione di politiche sostenibili, ieri si chiamavano tangenti e si finiva nei guai.
L’eurodeputato olandese del PPE, Dirk Gotink, membro della commissione Bilancio dell’Eurocamera, ha confermato di aver avuto accesso ai documenti riservati citati da De Telegraaf, sottolineando che le associazioni green hanno dovuto rendicontare i risultati delle loro attività di lobbying. “Questa non è una campagna diffamatoria contro il movimento ambientalista, ovviamente è loro diritto fare lobbying: il problema è l’atteggiamento della Commissione europea”, ha dichiarato Gotink.
La Commissione europea, dal canto suo, ha risposto alle accuse affermando che tali azioni sono “opportune”. Peccato che quando si tratta di altri, la parola più usata sia “illecite”. Dunque, tutto normale: l’UE finanzia gruppi che fanno pressione sulle sue stesse istituzioni affinché adottino certe politiche, e nel frattempo si riempie la bocca con discorsi sulla trasparenza e la neutralità. Un modello di etica politica da esportazione.