Un paese insicuro e autoritario: la Tunisia tra deportazioni, sparizioni e detenzioni arbitrarie


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Negli ultimi anni, la Tunisia ha intrapreso una preoccupante deriva autoritaria, segnata da deportazioni forzate, detenzioni arbitrarie e violazioni sistematiche dei diritti umani. Organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch hanno denunciato gravi abusi da parte delle autorità tunisine, spingendo 62 ONG a dichiarare il paese non sicuro per rifugiati e richiedenti asilo.

Secondo Heba Morayef, direttrice di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa, “la Tunisia sta usando le leggi antiterrorismo e il sistema giudiziario per reprimere il dissenso, mentre la situazione dei migranti raggiunge livelli drammatici”.

Un rapporto dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT) ha documentato numerosi episodi di migranti costretti con la forza a lasciare il paese e abbandonati nel deserto ai confini con Libia e Algeria, privi di risorse essenziali. La situazione è aggravata dalle campagne di incitamento all’odio promosse da esponenti governativi, che alimentano un clima di ostilità verso le comunità subsahariane.

Human Rights Watch e Medici Senza Frontiere hanno segnalato arresti indiscriminati, condizioni di detenzione disumane e maltrattamenti diffusi. Secondo le testimonianze raccolte, le persone vengono caricate su autobus e lasciate senza acqua né cibo in zone isolate, esposte a temperature estreme e a rischi di aggressioni e morte per disidratazione.

Rose, una giovane nigeriana di 33 anni, è un caso emblematico: fuggita dalla schiavitù domestica nel suo paese, ha cercato più volte di raggiungere l’Europa. Intercettata dalla guardia costiera tunisina, è stata deportata al confine con l’Algeria, costretta a vagare nel deserto per giorni. “Ci hanno lasciato senza niente. Abbiamo camminato per ore senza sapere dove andare. Alcuni non ce l’hanno fatta”, ha raccontato a un operatore umanitario.

La repressione non si limita alla questione migratoria. La società civile e la stampa indipendente subiscono crescenti pressioni, con l’uso della giustizia per silenziare le voci critiche. L’arresto di oppositori politici e giornalisti, le limitazioni imposte alle ONG e le chiusure di testate giornalistiche indipendenti rientrano in una strategia più ampia di consolidamento del potere da parte del presidente Kais Saied.

Henda Chennaoui, attivista e giornalista tunisina, ha denunciato un clima di crescente intimidazione nei confronti di chiunque critichi il governo. “Stiamo assistendo a un ritorno delle pratiche repressive dell’era Ben Ali: giornalisti sotto sorveglianza, arresti arbitrari e processi sommari per chiunque osi contestare le politiche del governo”, ha dichiarato a Reporters Without Borders. Secondo l’organizzazione, la Tunisia ha registrato un netto peggioramento della libertà di stampa, con attacchi diretti contro i media indipendenti e restrizioni sempre più severe alla libertà di espressione e associazione.

Anche le organizzazioni per i diritti umani operano sotto una pressione crescente. Molte ONG locali hanno visto revocare le proprie autorizzazioni, mentre gli attivisti rischiano il carcere per aver denunciato gli abusi del governo.

Sul piano internazionale, la Tunisia è al centro di complesse dinamiche geopolitiche. L’Unione Europea, e in particolare l’Italia, ha stretto accordi con il governo di Saied per il contenimento dei flussi migratori, fornendo supporto finanziario e logistico alle forze di sicurezza locali. Nel luglio 2023, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la premier italiana Giorgia Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte hanno firmato un memorandum d’intesa che prevede un finanziamento di 105 milioni di euro per la gestione dei flussi migratori.

Questi accordi, tuttavia, sono stati fortemente criticati da organizzazioni umanitarie e istituzioni europee, che mettono in discussione il sostegno a un governo accusato di violazioni dei diritti fondamentali. Il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per il deterioramento dello stato di diritto in Tunisia, sottolineando l’incoerenza di una politica che da un lato finanzia la repressione e dall’altro condanna le violazioni dei diritti umani. “Non possiamo ignorare ciò che accade in Tunisia solo perché ci fa comodo chiudere le frontiere”, ha dichiarato l’eurodeputata Sophie in ‘t Veld.

Le istituzioni europee sono divise: mentre alcuni Stati membri insistono sulla necessità di collaborare con la Tunisia per contenere i flussi migratori, altri denunciano il rischio di legittimare un governo sempre più autoritario. Intanto, i migranti continuano a subire le conseguenze di queste politiche. Secondo le Nazioni Unite, le deportazioni forzate e i respingimenti in zone desertiche costituiscono gravi violazioni dei diritti umani e mettono a rischio la vita di migliaia di persone.

La Tunisia sta attraversando una fase di instabilità politica ed economica che alimenta la repressione interna. Il presidente Kais Saied ha progressivamente accentrato il potere, sciogliendo il Parlamento, emendando la Costituzione e limitando il ruolo delle istituzioni democratiche. L’opposizione politica è frammentata e colpita da arresti e intimidazioni, mentre il malcontento sociale cresce di fronte alla crisi economica e all’aumento della disoccupazione.

Gli analisti avvertono che, senza un’inversione di rotta, la Tunisia rischia di scivolare in uno scenario sempre più simile a quello di altre autocrazie nordafricane. “Il paese sta perdendo i progressi democratici conquistati con la rivoluzione del 2011. Se la comunità internazionale non interverrà, assisteremo a un ulteriore deterioramento delle libertà fondamentali”, ha dichiarato Eric Goldstein, vicedirettore di Human Rights Watch per il Medio Oriente e il Nord Africa.

La deriva autoritaria della Tunisia rappresenta una minaccia crescente per le libertà civili e lo stato di diritto. Deportazioni illegali, detenzioni arbitrarie e restrizioni alla libertà di espressione delineano un quadro di allarmante regressione. La comunità internazionale è chiamata a monitorare attentamente la situazione ed esercitare pressioni affinché il governo tunisino rispetti gli standard internazionali.

Le organizzazioni per i diritti umani chiedono un ripensamento delle politiche europee, affinché i finanziamenti alla Tunisia siano vincolati al rispetto dei diritti fondamentali. Senza misure concrete, il rischio è che la repressione continui nell’indifferenza generale, con conseguenze sempre più drammatiche per migranti, attivisti e oppositori politici.


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