Una grande donna siriana: Diana Jabbour


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(Francesca Dessì) – Una grande donna. Si chiama Diana Jabbour, direttrice del sistema radio-televisvo siriano censurato in occidente fin dall’inizio della crisi. Combatte la sua battaglia contro il terrorismo con l’informazione e con la verità. “Io non posso avere un fucile contro Daesh-Isis, ma continuo a svolgere il mio ruolo per dimostrare che merito la vita. Produco documentari, film televisivi e serie Tv” ha spiegato durante una conferenza stampa alla Camera dei Deputati  organizzata dalla Federazione Assadakah Italia (Centro italo-arabo), in cui sono intervenuti anche l’ex ambasciatore siriano in Italia, Samir Al-Kassir, e il capogruppo della Commissione esteri M5S, Manlio di Stefano.

La sua testimonianza è importante per combattere l’ignoranza che dilaga sulla questione siriana e per sfatare i falsi miti sulla condizione delle donne in Siria. Come ha detto il diplomatico siriano Samir Al Kassir ( ex ambasciatore siriano in Italia), Jabbour “rappresenta la donna siriana laica”, con l’augurio “di non vedere la donna siriana costretta a mettere l’hijab, come accadde invece in Arabia Saudita ”, cui è stato affidato “la guida del Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite”. “La donna siriana ha combattuto per più di 70 anni per arrivare a questo punto”.

Il discorso di Jabbour merita di essere riportato nella sua interezza:

“Quello che dirò oggi non cancellerà la nostra responsabilità nei confronti di quello che è successo in Siria, sia perché abbiamo avuto delle situazioni di corruzione all’interno del Paese e di mancanza di sviluppo sia per la nostra responsabilità nei confronti dei cittadini siriani che sono andati nei Paesi del Golfo a lavorare e sono tornati più estremisti di prima. Ma la responsabilità dell’Occidente nei confronti del terrorismo che ha colpito il nostro Paese è ancora più grande , prima con la creazione di Al Qaeda, dopo con quella dell’Isis.

Per comprendere ciò che sta accadendo oggi, bisogna fare un passo indietro, facendo qualche accenno storico. Tutti i terremoti che hanno colpito la zona del Medio Oriente sono iniziati con la morte del premier libanese Hariri e con l’invasione dell’Iraq. L’uccisione del premier Hariri con un attentato è stato il primo passo per incolpare la Siria e soprattutto trasformare il presidente Assad in un diavolo.. nel male assoluto.

Il passo successivo è stato invadere l’Iraq, frantumare il Paese, cancellare il partito baath iracheno e distruggere l’esercito. Un caos che ha travolto tutto il Medio Oriente, quello che gli americani hanno tentato di chiamare caos creativo, che di creativo non ha nulla. L’unica cosa che si è riuscito a realizzare è stato un nuovo mostro: lo Stato islamico Daesh-Isis.

Il “caos” ha infatti attirato estremisti e jihadisti da tutto il mondo. Con la frantumazione dell’esercito iracheno, molti militari, che sono che sono stati allontanati dallo Stato iracheno, hanno trovato proprio in questi gruppi estremisti un rifugio. (…)Per essere più chiari, la maggior parte dei capi dei gruppi armati sono ex ufficiali dell’esercito iracheno.

La lezione dell’Iraq ci ha insegnato che il caos è il primo tassello per la deriva estremista di tutto il Medio Oriente con la distruzione delle amministrazioni e la frantumazione dello Stato. Quello che è successo in Siria poteva essere evitato. Sin dall’inizio della crisi, attivisti siriani e amministratori pubblici avevano avanzato delle richieste per riformare il Paese con interventi mirati e radicali che riguardavano la struttura dello Stato, le amministrazioni locali e la legge. Sin dall’inizio, i siriani avevano messo in guardia dal dire “dobbiamo abbattere il regime” sapendo che il risultato finale sarebbe stato la nascita di cellule estremiste in diverse parti. Così è stato. Purtroppo tutti hanno tappato le orecchie a questo grido. Anzi tanti governi europei si sono spinti al di là della richiesta di cambio del regime: hanno finanziato attivamente e armato gruppi di diverse matrici, primi tra questi i fratelli musulmani. Non hanno guardato la matrice islamica di questi gruppi, anzi li hanno definiti “moderati”, e non hanno preso seriamente in considerazione la possibilità, chiara e lampante, del passaggio dall’islam politico all’islam estremista, come dire il passaggio del mitra da una spalla all’altra.

Per noi siriani, non si può più sfruttare l’islam politico e creare sistemi politici che si basano sulla religione. (…) Pertanto non c’è scelta: o la Siria torna ad essere uno stato laico, democratico e libero, o saremo per sempre uno Stato religioso estremista che attirerà ancora gli estremisti da tutto il mondo. La Siria è diventato un polo di attrazione come lo sono stati tutti i Paesi dove c’è stata una guerra e il caos, parlo di Iraq, Yemen, Libia, Tunisia e Egitto. Ma c’è una differenza tra noi e gli altri Paesi. Ad esempio in Yemen gli estremisti legati a gruppi di al Qaeda, quando si sono trovati messi alle strette, si sono rifugiati in Arabia Saudita dove c’è un ambiente ideologico molto vicino al loro. La Siria è invece considerata dagli estremisti “sham sharif”, ovvero una terra sacra.

Bisogna guardare, inoltre, dove è collocata la Siria: alle sue spalle c’è la Turchia, dall’altra parte c’è Israele e si apre al Mar Mediterraneo. Penso che alcuni politici israeliani vedano di buon occhio uno stato religioso vicino a loro in modo tale da non essere i soli ad esserlo. Per questo motivo hanno soccorso tantissimi jihadisti e combattenti rimasti feriti vicino ai loro confini. La Turchia dal canto suo agisce in due direzioni: da una parte si vuole avvicinare all’Europa, dall’altra vuole liberarsi della sua tradizione laica e democratica. Questa contraddizione ha condizionato i rapporti con la Siria, aprendo i suoi confini verso la Siria e attirando gli estremisti. La Turchia ha alimentato il traffico dei richiedenti asilo e dei rifugiati siriani verso l’Europa. All’interno dei campi profughi c’erano degli estremisti che facevano proselitismo, guidavano le preghiere e chiamavano la gente alla jihad, ovvero alla sacra lotta contro i crociati, i cosiddetti “crociati miscredenti” che si trovano in Europa. Ancora una volta, tutti hanno chiuso gli occhi su quello che stava accadendo.

La crisi siriana ci insegna che quando hai un serpente in casa non puoi cacciarlo appiccando solo il fuoco perché il fuoco arriverà anche in altre zone, mentre il serpente scapperà e andrà in un’altra parte. Credo che in questo momento sia molto vicino all’ Europa. Forse il serpente si trova già qui. Ma il sapore della morte cambia a seconda della nazionalità della vittima.

Obama ha parlato per Parigi di ‘attacco alla civiltà umana’. E noi, che subiamo questo dal 2011, non siamo civiltà? La Siria è l’unico Paese in cui si può vedere e proiettare “La passione”, il film di Mel Gibson, senza mettere i sottotitoli. Abbiamo diversi villaggi e zone che parlano ancora l’aramaico, la lingua di Cristo. Guarda caso l’ lsis ha attaccato proprio quelle zone, ha attaccato ad esempio Maalula cacciando via i suoi abitanti e distruggendo le chiese e i monasteri. Noi siamo un paese civile. Siamo il Paese che ha creato il primo alfabeto nella storia umana, la prima nota musicale è stata trovata da noi.

Forse, dopo quello che è accaduto a Parigi, c’è una percezione del terrorismo diversa. Non a caso 120 carovane che trasportavano il petrolio dell’Isis sui confini sono stati colpiti dalla coalizione in due giorni. Forse si tratta di un tentativo di bloccare i finanziamenti di questo fantomatico Stato islamico. L’importante è che non si ripeta quello che è accaduto in Afghanistan dove per combattere l’Unione Sovietica hanno “creato i talebani” e finanziato tutti questi gruppi radicali. Non possiamo ripetere gli stessi sbagli perché creeremo mostri ancora più feroci.

Pertanto, per risolvere la crisi siriana bisogna distruggere il terrorismo, fermare i finanziamenti e trovare una soluzione politica, sostenendo il nostro Stato laico democratico e libero. Gli unici, fino ad oggi, a portare avanti la lotta sono l’esercito siriano, il partito di Hezbollah e la Russia. Dobbiamo combattere insieme l’ignoranza. L’Europa deve spingere per una soluzione politica, riallacciare i rapporti con la Siria e con il governo siriano e levare l’embargo al nostro Paese che danneggia prima di tutto la popolazione siriana”.

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