(Federica Cannas) – Una nuova energia attraversa il Sudamerica. È una voce potente che parla di unità e di speranza per un continente che cerca, ancora una volta, di superare le divisioni del passato per costruire un futuro comune.
In un mondo sempre più frammentato, l’integrazione sudamericana torna al centro del dibattito politico. Non è un’idea nuova, piuttosto una promessa mai del tutto realizzata: quella di unire le nazioni del continente non solo geograficamente, ma anche politicamente, economicamente e culturalmente. Una promessa che oggi si veste di nuove ambizioni.
Simón Bolívar, il Libertador, immaginava un continente unito, forte e sovrano. Un Sudamerica capace di camminare da solo, senza l’ombra di influenze esterne. Ma la realtà è stata più dura del sogno. Rivalità politiche, economie diseguali e pressioni internazionali hanno spesso soffocato quel progetto. Eppure, quel sogno non è mai morto. Si è trasformato, adattato, pronto a riemergere quando il vento della storia soffia nella giusta direzione.
Oggi, quel vento sembra soffiare di nuovo. L’elezione di leader progressisti come Lula in Brasile e Gustavo Petro in Colombia, insieme alla rinnovata attenzione verso organismi come il Mercosur – Mercado Común del Sur – e la CELAC – Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, segnalano una nuova stagione di dialogo e cooperazione.
Il Mercosur, fondato nel 1991, avrebbe dovuto essere il motore dell’integrazione economica regionale. Eppure, nel corso degli anni, ha oscillato tra ambizioni e stasi, vittima delle divergenze politiche e degli interessi nazionali.
Oggi, però, c’è un rinnovato interesse per rilanciare il Mercosur come strumento di sviluppo economico e di protezione contro le instabilità globali. La presidenza di Lula ha portato nuove energie al progetto, spingendo per una maggiore apertura commerciale e per politiche comuni su temi cruciali quali il cambiamento climatico e la transizione energetica.
Il 6 dicembre 2024, dopo 25 anni di , l’Unione Europea e il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) hanno finalizzato un accordo politico che istituisce la più grande zona di libero scambio a livello globale, coinvolgendo oltre 700 milioni di persone.
L’intesa elimina quasi tutti i dazi doganali, facilita l’accesso a risorse strategiche e promuove investimenti reciproci.
Questo accordo strategico rafforza i legami politici ed economici tra Europa e America Latina, promuovendo una cooperazione basata su valori condivisi e obiettivi comuni per un futuro sostenibile.
Ma il patto non è senza ombre: persistono preoccupazioni legate alla sostenibilità ambientale e alla tutela dei settori agricoli europei. Ora, il destino dell’accordo è nelle mani del Parlamento e del Consiglio Europeo e dei parlamenti nazionali, che dovranno ratificarlo per renderlo operativo.
L’integrazione economica, da sola, non basta. I mercati possono connettere, ma è la politica che unisce.
Uno degli sviluppi più interessanti è la crescente attenzione verso la cooperazione politica e culturale. La CELAC, in particolare, sta guadagnando terreno come piattaforma per il dialogo tra i paesi latinoamericani, un luogo dove le differenze ideologiche possono essere messe da parte in nome di obiettivi comuni.
Il vertice tra l’Unione Europea e la CELAC del luglio 2023 ha rilanciato la collaborazione tra Europa e America Latina dopo otto anni di pausa, affrontando temi come il cambiamento climatico, la transizione digitale e la modernizzazione degli accordi commerciali. L’UE ha annunciato un piano di investimenti da 45 miliardi di euro per progetti sostenibili e infrastrutturali. Nonostante divergenze sulla guerra in Ucraina, è stato stabilito un meccanismo per incontri biennali, con il prossimo vertice previsto a Bogotá nel 2025.
Non è solo una questione di economia o politica, ma di identità. L’integrazione sudamericana è anche un progetto culturale, un tentativo di riconoscere le radici comuni che uniscono popoli separati da frontiere artificiali.
L’integrazione sudamericana deve fare i conti con economie fortemente diseguali, con governi che spesso guardano più agli interessi interni che a quelli regionali, e con pressioni esterne che minano la sovranità del continente.
Eppure, proprio in queste difficoltà si nasconde il potenziale del progetto. Il Sudamerica ha già dimostrato di saper resistere alle avversità, trasformando le crisi in opportunità di crescita.
Questa nuova era di integrazione non riguarda solo accordi commerciali o dichiarazioni politiche. Riguarda un’identità condivisa, una visione comune per il futuro. È l’idea che i problemi del continente — dalla povertà alla crisi climatica — possono essere affrontati meglio insieme, come una famiglia di nazioni.
Simón Bolívar sosteneva che l’unità rendesse più forti e invincibili. Forse oggi, due secoli dopo, il Sudamerica è finalmente pronto a dare corpo a quella visione. Non sarà facile, ma il sogno di un continente unito è troppo importante per essere abbandonato.
Un sogno che non appartiene solo ai leader, ma ai popoli e alle loro storie. Perché, in fondo, l’integrazione sudamericana è questo: non un progetto politico, ma una promessa di speranza.