Il sedicente Stato Islamico (Is) non si sconfigge con le bombe, ma con la convivenza tra musulmani e cristiani e con una reale integrazione. Ne è convinto l’egiziano Wael Farouq, docente di Lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano, che in un’intervista spiega che l’Is a Parigi ha colpito «la zona grigia tra musulmani e occidentali». Quindi non si tratta, secondo Farouq, di un attacco contro la Francia per i raid compiuti contro l’Is in Siria, come da rivendicazione Is, bensì di un «attacco contro la convivenza tra musulmani e cristiani», che per i jihadisti «è il vero nemico da combattere. L’Is vuole dividere il bianco dal nero, non vuole una zona grigia».
Coautore, assieme a Papa Benedetto XVI, del libro ‘Dio salvi la ragione’, Farouq ricorda che le «vittime dell’Is sono cristiani e musulmani, ovvero musulmani che hanno rapporti con l’Occidente e che si riconoscono nei valori dell’Occidente». Ed è per questo, prosegue, che a Parigi non sono state attaccate le istituzioni, ma sono stati «colpiti i luoghi di convivenza, uno stadio, un teatro, un ristorante. Luoghi dove gli uomini condividono il calcio, la musica, il cibo. Luoghi della bellezza, come allo stesso modo hanno colpito Palmira (il sito archeologico in Siria, ndr) e il museo nazionale iracheno» di Mosul.
La risposta alla violenza dell’Is non possono essere i bombardamenti, dice il docente egiziano. «Sessanta Paesi stanno bombardando l’Is da due anni, ma l’Is cresce. L’unica arma per combattere l’Is è la convivenza», ribadisce. In prima linea, nella lotta all’Is, secondo Farouq devono esserci proprio «i musulmani, quelli che si riconoscono nei valori dell’Occidente. Solo loro possono fermare l’Is».
Loro stessi sono vittime dei jihadisti, prosegue il docente, che parla di un doppio dolore: «per le vittime degli attentati e per vedere la religione dell’Islam usata per fare del male». Gli attentati di Parigi sono poi una dimostrazione di «integrazione fallita», aggiunge Farouq, che parla degli attentatori come «persone perse, con un vuoto d’identità colmato dall’Is».
E questo perché a Parigi, come anche nella milanese via Padova, la comunità musulmana si trova a vivere «una realtà parallela – ritiene l’analista – dove si è invisibili fino a quando non c’è un attentato. Integrazione vuol dire invece far parte del mondo politico, culturale di un Paese. Essere quello che crediamo di essere, condividendo valori di libertà, diritti umani e civiltà ogni giorno».