Il mondo è più solo senza Pepe Mujica


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(Federica Cannas) – C’è un silenzio più profondo oggi, un vuoto che sa di solitudine. José “Pepe” Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay, il rivoluzionario che viveva in una fattoria e guidava un vecchio Maggiolino Volkswagen, non è più tra noi. La notizia della sua morte ci lascia orfani di un uomo che ha rappresentato, come pochi, i valori dell’umiltà, dell’onestà e dell’autenticità in un mondo che sembra sempre più assetato di potere e apparenza.

Pepe Mujica era un uomo del popolo. Un uomo che, pur avendo ricoperto la massima carica del suo Paese, continuava a vivere in una piccola casa di campagna, con il suo cane a tre zampe e le mani sempre sporche di terra. “Il povero non è chi ha poco, ma chi desidera sempre di più,” diceva, con quella voce ruvida e profonda che trasmetteva verità semplici e universali.

Mujica non si limitava a predicare l’umiltà, la viveva, giorno dopo giorno. Rinunciò al 90% del suo stipendio presidenziale per donarlo ai più bisognosi, perché per lui governare non significava accumulare ricchezze, ma servire il prossimo. Le sue parole, spesso pronunciate con la saggezza di un vecchio contadino, ci ricordavano che la felicità non si trova nelle cose materiali, ma nella libertà di vivere con poco. Perché se il tempo lo utilizziamo per acquistare cose materiali, allora non abbiamo tempo per coltivare le relazioni umane. E senza relazioni umane e senza amore non è una vita umana, non ha senso.

Eppure, dietro quell’apparente semplicità, si nascondeva un uomo profondamente complesso, segnato dal dolore e temprato dalla lotta. Mujica aveva passato 14 anni in prigione durante la dittatura militare, molti dei quali in isolamento. La sua resistenza fu alimentata dalla capacità di trovare speranza anche nei momenti più bui, di dialogare con la natura, di osservarla. Non uscì da quella prigione con l’odio nel cuore, ma con una comprensione profonda della fragilità umana e della necessità di perdonare.

Come Presidente, Mujica non fu perfetto. Le sue politiche furono criticate, le sue scelte messe in discussione. Ma ciò che lo rendeva straordinario era il suo rifiuto di lasciarsi ingabbiare dal potere. Per lui, la politica non era carriera, ma un mezzo per migliorare il mondo. Era l’uomo che parlava di amore all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che denunciava il consumismo sfrenato come una forma di schiavitù moderna, che difendeva la terra e la dignità degli ultimi con la stessa passione con cui un tempo imbracciava un fucile nella lotta per la libertà.

Con la sua morte, perdiamo una visione, in un’epoca in cui l’arroganza sembra trionfare sull’umiltà. Perdiamo una voce che ci esortava a rallentare, a guardare il cielo, a ricordare che la vita è breve e che la vera ricchezza è nelle relazioni umane, nella capacità di condividere, nel coraggio di essere autentici.

Il mondo sarà più solo senza Pepe Mujica. Più povero di saggezza, più povero di poesia. Ma la sua eredità non svanirà. Rimarranno le sue parole, i suoi gesti, il suo esempio. Rimarrà il ricordo di un uomo che ci ha insegnato a vivere con meno per vivere una vita autentica.

E mentre il mondo piange la sua perdita, forse è il momento di chiederci come possiamo onorare Pepe Mujica. La risposta è semplice, con tutto ciò che lui ci ha insegnato. Essere gentili. Essere onesti. Amare la vita nella sua essenza più pura. Perché, come diceva lui, “Il giorno in cui cadrai, cadrà anche il tuo unico patrimonio: il tempo per vivere”.

Grazie, Pepe, per averci insegnato a vivere. Ora riposa in pace, sapendo che il tuo esempio continuerà a guidarci, un passo alla volta, verso un mondo più umano.


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