Attentato in Congo. Mal d’Africa o dolore di coscienza?


0 Condivisioni

(BRUNO SCAPINI) – I tragici eventi che hanno recentemente colpito la nostra diplomazia nella Repubblica Democratica del Congo, con l’efferata uccisione dell’Ambasciatore Luca Attanasio e del Carabiniere Vittorio Iacovacci, ci pongono ancora una volta davanti al grande irrisolto dramma dell’Africa. Un Continente che, lungi dal trovare un’auspicabile sistemazione alle proprie gravissime crisi storiche, si trascina ancora nel tempo nella generale indifferenza di quanti, Stati e Governi, credono più utile abbandonarlo all’attuale destino di violenza endemica, anziché intervenire in nome di una solidarietà spesso dimentica della sua etica fondante.

Dediti esclusivamente alla causa della propria crescita economica e della speculazione imposta dalla logica della competitività, i Paesi occidentali, ed in particolare quelli europei, noncuranti delle responsabilità che su di loro tuttora gravano per le umbratili vicende colonialistiche, relegano purtroppo ai margini della cronaca mediatica la condizione di estremo disagio in cui ancora versa la gran parte del Continente. Fame, guerre civili, rivoluzioni, migrazioni forzate di sfollati, eccidi di massa, sono tutti non fatti di un tempo passato, allorché negli anni del post-colonialismo i nuovi Stati, ottenuta l’indipendenza, si confrontavano timidamente con le prime sfide di un sotto-sviluppo atavico e diffuso, bensì realtà dei nostri giorni, come se il mondo di più avanzata civilizzazione, immemore delle altrui sofferte vicissitudini, perché chino soltanto sulle proprie, si fosse convinto che sarebbe bastato il possesso di un cellulare di ultima generazione a soddisfare le ambizioni di crescita e di progresso di questi popoli.

L’episodio di Goma, la località congolese dove ha avuto luogo l’attentato all’Ambasciatore Attanasio e al Carabiniere di scorta Iacovacci, nello stretto spazio di qualche istante, ovvero il tempo dell’eccidio, ha svelato al mondo intero la irrefutabile verità del perdurante dramma africano. Eppure non manca in questo Continente la presenza dei Governi occidentali che, per gradi e forme diversi e con differenti strumenti, si offrono ad apprezzabili  iniziative di aiuto allo sviluppo. Una cooperazione, tuttavia, quella in cui ci si impegna, finalizzata troppo spesso ad una logica di “ritorno” di interessi e, peggio ancora, ad una parcellizzazione degli interventi senza che si possa in molti casi procedere ad un’azione unitaria in vista di una condivisa pianificazione dello sviluppo in conformità dei prioritari interessi di questi Paesi.

Non c’è dubbio: l’Ambasciatore Attanasio, innegabilmente guidato da uno spirito altruistico e solidale, deve aver ben compreso, sostenuto anche da una indubbia efficace esperienza sul terreno, quali siano le vere necessità di questi popoli d’Africa. E proprio per questo, perché convinto che il generoso sincero impegno del singolo può regalare sollievo ad una comunità derelitta più che un programmato intervento governativo – troppo sovente subordinato ad ascosi interessi di parte – che l’uomo, Luca Attanasio, ha intrapreso, in un comune  e condiviso slancio con la consorte, la via del volontariato civile oltre che, naturalmente, l’impegno alla cooperazione istituzionale. Un identico sentire, quello di Luca, uno stesso sentimento di solidarietà per due modi di concepire l’aiuto che si è tragicamente rivelato nel triste mattino in cui, ancora ignaro del fato che l’attendeva, ma di cui era pur sempre consapevole, è andato con spirito di abnegazione incontro al proprio destino.

Il Congo, diciamolo pure, è l’esempio forse più emblematico e calzante di quello che è oggi la situazione dell’Africa. Paese ricchissimo per le immense risorse strategiche del sottosuolo, stenta ancora, come tanti altri simili del resto, a trovare una consistente via all’emancipazione dal sotto-sviluppo. I sacrali testi di economia disdegnano, invero, l’uso di questo termine, preferendo riferirsi allo stato di arretratezza socio-economica del Continente come ad una condizione di miglioramento “in itinere” e parlano, dunque, di Paesi “in via di sviluppo”. Non è forse, questo, un modo ipocrita di definire una situazione di profonda crisi eludendone la sua effettiva gravità? In Africa si intrecciano purtroppo ancora oggi negatività d’ogni forma e tipologia che ostano all’assunzione di programmi coerenti e onnicomprensivi. L’assenza di una diffusa istruzione, la mancanza di una “intellighenzia” culturale in grado di indicare la giusta via alla pianificazione economica, la presenza di insanabili lotte tribali animate unicamente dall’ambizione di possedere i territori più ricchi e la corruzione endemica capace di divorare il terreno della politica creando deleterie collusioni proprio con i Governi occidentali, dei quali alcuni già grandi potenze coloniali, sono solo alcuni dei fattori che alimentano l’incapacità di assicurare un giusto decollo alle locali economie. E siamo certi che Luca ben conosceva tutto questo. Luca ben sapeva di questi insormontabili limiti che condizionano la pace e il benessere di questi popoli troppo spesso dimenticati. Ma dobbiamo anche essere certi di un altro aspetto della vicenda di Goma: che il miglior modo per rendere omaggio alla memoria di questo generoso, onesto e valoroso diplomatico non sia tanto il cercare la verità sulle responsabilità dell’eccidio che rimarranno purtroppo sempre  oscure e indefinite, quanto promuovere a livello di Governi una coscienza veramente concorde, unita e compartecipe affinché gli strumenti della cooperazione, siano essi nazionali o multilaterali, vengano usati con onestà di intenti e nell’esclusivo interesse di un Continente reso ancora oggetto di un velleitario espansionismo a senso unico del nostro Occidente.

0 Condivisioni