Huseynov, l’ “Assange dell’Azerbaigian”, è fuggito da Baku


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L’attivista Emin Huseynov, 35 anni, conosciuto con il soprannome di ‘Assange dell’Azerbaigian’, è riuscito a lasciare il suo Paese, dove rischiava di essere arrestato per le sue battaglie in difesa della libertà di stampa, e raggiungere la Svizzera grazie alla collaborazione del ministero degli Esteri elvetico. Secondo il portavoce del ministero degli esteri elvetico, Jean-Marc Crevoisier, non ci sarebbe comunque un caso diplomatico tra Berna e Baku perché la partenza dell’attivista è stata resa possibile dai «numerosi colloqui» tra il ministro Didier Burkhalter e il presidente azero Ilham Aliyev.

Lo scorso agosto Huseynov aveva chiesto asilo all’ambasciata svizzera a Baku, proprio come ha fatto Assange con la sede diplomatica dell’Ecuador a Londra. Dopo quasi un anno, nella notte tra venerdì e sabato, è riuscito a salire sul Falcon della Swiss Air Force e trovare riparo in Svizzera grazie all’intercessione di Burkhalter, che si trovava a Baku per presenziare alla cerimonia di apertura dei Giochi europei. Adesso ha tre mesi di tempo per fare una richiesta di asilo alla Svizzera. A seguire la vicenda di Huseynov è stata la fondazione ‘Couragè, la stessa che nel 2013 si occupò anche del caso di Edward Snowden.

La direttrice Sarah Morrison, che allora volò a Hong Kong per assistere la ‘talpa’ del Datagate, ha commentato oggi sul sito: «Emin è rimasto bloccato all’ambasciata svizzera per quasi anno, a causa della stretta sulla libertà di pensiero e di parola. Denunciare queste restrizioni è la sua missione di vita. Ora è il momento che ottenga l’asilo dalla Svizzera così potrà continuare il suo lavoro». Anche Assange ha commentato la ‘liberazionè di Huseynov.

«Il governo dell’Azerbaigian ha fatto tutto il possibile per mettere a tacere Emin, inclusa un’aggressione che nel 2008 lo ha costretto in ospedale, come ha di recente ricordato anche la Corte Europea per i diritti umani», ha scritto il fondatore di Wikileaks sottolineando che tuttavia «viviamo in un’epoca in cui esilio e repressione non possono più far tacere una voce forte».

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