Intervista al leader curdo Eyüp Doru: ora serve l’autogoverno


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(Laura Tocco) – “Costruire dalle basi una forma di autogoverno de facto che consenta al popolo di scegliere di sé stesso, del proprio paese, della sua economia e di tutti i suoi spazi. Nei prossimi cinque anni vogliamo lavorare per proseguire in questa direzione”. Sono le parole di Eyüp Doru, rappresentante in Europa del Partito della Pace e della Democrazia (Bdp) nelle province del Kurdistan turco, nonché leader autorevole della lotta del popolo curdo. Doru, in Italia per una serie di conferenze, commenta i risultati delle recenti elezioni amministrative in Turchia.

Il Bdp conferma il suo successo elettorale. Quali prospettive si aprono per i prossimi anni di governo?

In questo momento, la prospettiva del nostro partito è quella di realizzare una strategia di autogoverno. Intendiamo lavorare verso questa direzione anche qualora il governo turco non sia disposto a modificare il quadro legislativo e il testo costituzionale. Vogliamo applicare le idee che da sempre difendiamo e per cui abbiamo lottato e per le quali abbiamo avuto l’appoggio del popolo curdo. Vogliamo mettere in pratica il rispetto della vita sociale, dell’economia locale, la tutela di tutte le minoranze, della partecipazione politica e della parità tra uomo e donna. Non ultimo, il diritto alla lingua curda che vogliamo diventi una delle lingue ufficiali. Se il governo non fornirà supporto a questo progetto, noi lavoreremo per costruire concretamente una forma di autogoverno dal punto di vista economico e sociale. Ricostruire il paese in tutte le sue dimensioni nel rispetto dei principi e dei diritti che fino ad ora sono stati negati partendo dalla ridefinizione delle sue basi istituzionali affinché queste corrispondano alla sua realtà e alla sua ricchezza sociale e culturale. Un progetto che si ponga come esempio e come modello per la stessa Turchia. Oggi il nostro obiettivo con le nuove amministrative è seguire questo percorso. Ciò è esattamente il programma politico che abbiamo proposto di realizzare nei prossimi cinque anni.

Quindi, il Bdp non parla solo ai curdi…

No, il Bdp non è solo il partito dei curdi. Il Bdp è un partito che si rivolge a tutti. Il nostro progetto passa attraverso la tutela di tutte le minoranze etniche, linguistiche e religiose. Per questo ad affiancare il neoeletto sindaco di Mardin, in veste di co-sindaca, è la 25enne cristiana assiro-caldea. Non solo: tra i parlamentari del Bdp eletti nelle ultime politiche, vi è anche un deputato cristiano siriaco. La nostra prospettiva è quella di garantire i diritti di tutte le realtà etniche e confessionali.

A che punto è il processo di pace?

Attualmente esiste una negoziazione trilaterale riconosciuta ufficialmente dal governo turco, a cui partecipano il Pkk, il Bdp e il governo. I negoziati, ancora in corso, hanno fatto riconoscere l’esistenza della realtà curda. Grazie ai negoziati, il governo accetta il Pkk come interlocutore nel progetto di risoluzione della questione curda. Tuttavia, le negoziazioni sono state ostacolate in diverse occasioni. Il caso più eclatante è il massacro di gennaio 2013, consumato a Parigi, proprio nell’ufficio in cui io stesso ho lavorato per anni. In particolare con Fidan Doğan ho lavorato per 14 anni. Il massacro delle tre attiviste si inserisce nell’ambito dei negoziati e nel tentativo di boicottare il dialogo con i curdi. Oggi, sull’omicidio delle tre ragazze abbiamo la certezza che questa strage sia stata organizzata dai servizi segreti turchi. Nonostante ciò, mentre Erodoğan attribuiva le responsabilità del massacro al pensatore Fethullah Gülen, questi, nelle sue televisioni, denunciava a sua volta le responsabilità del Primo Ministro turco.

Oggi noi non sappiamo esattamente quali settori e apparati dello stato turco siano stati coinvolti e abbiano partecipato al massacro. Cosa hanno fatto realmente i servizi segreti? Che ruolo hanno svolto? Noi vogliamo che la Turchia, insieme alle autorità francesi, rispondano a queste domande.

Ha citato Fethullah Gülen a proposito dei negoziati, che peso ha avuto nelle trattative?

Fethullah Gülen si è opposto chiaramente alle trattative tra governo e Pkk. In passato questa è stata la politica praticata da Ankara. Invece, oggi, lo scontro tra Erdoğan e Gülen è visibile anche sul campo della questione curda. Gülen ancora oggi non è favorevole al processo di pace. Per questo per Erdoğan è stato facile accusare il pensatore islamico di essere uno dei mandanti del massacro. D’altra parte, noi vogliamo che il governo turco e il governo francese svelino le verità che si celano dietro la strage di Parigi. Anche le istituzioni francesi hanno delle responsabilità. La stessa Fidan Doğan viveva in Francia insieme alla sua famiglia. Ed è stata Parigi a ospitare questo massacro contro tutto il popolo curdo. Per questo anche la Francia deve rispondere. Le istituzioni hanno espresso tante parole di cordoglio per le tre ragazze. Ma nessuno ha mai dato informazioni concrete sul vero mandante dell’assassinio. Chi ha organizzato il massacro? Chi stava realmente dietro le quinte dell’assassinio?

In questo momento, continuano le negoziazioni tra Pkk, Bdp e governo turco. Ci auguriamo che il governo dia prova di maturità e cominci a negoziare con sincerità con il popolo curdo. La soluzione non può che essere politica. L’ideologia dello stato turco ha massacrato il popolo curdo e ha condannato civili e innocenti. Ma la storia ha dimostrato che il diritto di autodeterminazione non si può contenere con la forza o con le armi. Noi non abbiamo armi, ma abbiamo la forza elettorale. Come ho detto, e lo ribadisco, la soluzione è politica, pacifica e passa necessariamente attraverso la pari uguaglianza tra curdi e turchi.

A questo proposito prima ha parlato del cambio della Costituzione

Giustamente. Perché questo percorso passa attraverso il cambio del testo costituzionale. Abbiamo bisogno di una legislazione civile e democratica. L’attuale testo è frutto del colpo di stato militare del 1980 e non ammette l’esistenza della varietà culturale dell’Anatolia e, ancora meno, ammette i massacri compiuti contro il popolo curdo. Se guardiamo la storia della Turchia, vediamo che all’epoca dei primi congressi di Erzurum e Sivas (1919), Mustafa Kemal si confronta con i curdi. Nella riunione che porterà alla nascita della Grande Assemblea di Turchia, partecipano 80 deputati provenienti dal Kurdistan che vengono definiti ufficialmente come “deputati del Kurdistan”. La successiva Costituzione del 1921 riconosce il diritto all’autodeterminazione dei curdi e ammette che la Turchia si costruisca sulla base di un modello che conferisca ai curdi un’autonomia espressa in un’assemblea. Il testo del 1924, al contrario, nega tutte le diversità etniche e religiose, compresa quella turca. Da quegli anni a oggi, sono nati 29 movimenti di liberazione nazionale e movimenti popolari.

Quale spirito deve caratterizzare la riforma?

La soluzione del problema deve guardare alle proprie radici e tornare indietro. Il processo di costruzione della Turchia ha negato queste ricchezze e ha costruito e imposto dall’alto un paese che non corrispondeva alla realtà della regione. Tornare indietro significa rispettare tutte le sfumature e ammetterle in una strategia comune. C’è chi dice che i turchi non sono pronti per una Turchia di questo tipo. Ma noi quanto ancora dobbiamo aspettare?

Avete in mente un modello particolare?

É interessante la Costituzione della Bolivia. Il vecchio testo riconosceva solamente una etnia e la lingua coloniale spagnola. Oggi il nuovo testo costituzionale riflette la ricca realtà del paese. La Bolivia è uno stato “plurinazionale” che ammette tutte le nazionalità e le varie identità etniche come componente del paese. Anche noi chiediamo che siano riconosciute le diverse realtà che costituiscono la Turchia. Trovare il giusto equilibrio e una forma sana di convivenza significa accettare le diversità del paese. Non a caso, il sistema ottomano era un sistema federale basato su vilayet con delle divisioni amministrative totalmente autonome al loro interno. Oggi il sistema turco è un modello falso ispirato alla Francia che tradisce la realtà.

Alle prossime elezioni presidenziali come si muoverà il Bdp?

Sicuramente ci sarà un nostro candidato che arriverà dal partito Hdp, il Partito Democratico del Popolo. Penso che sarà un candidato importante. In realtà ancora nessun partito si è espresso ufficialmente sul nome, anche se con molta probabilità il nome dell’Akp sarà quello di Erdoğan. Però ancora non ci sono informazioni ufficiali. E anche noi non abbiamo ufficialmente ancora un nome.

Il Hdp è un partito di recente formazione, nato dall’iniziativa dei parlamentari curdi. Quali sono le relazioni con il Bdp?

Il gruppo parlamentare del Bdp è passato al gruppo Hdp. Anche il Bdp probabilmente cambierà il suo nome e farà un partito della regione del Kurdistan che avrà come obiettivo quello di costruire il progetto politico proposto nel corso delle elezioni municipali, ossia, quello di lavorare per un sistema alternativo senza aspettare che il governo turco cambi il quadro legislativo del paese: costruire un autogoverno de facto partendo dalle basi e permettendo al popolo di scegliere di sé stesso, dei propri spazi e del proprio futuro. Il Bdp si concentra sulla realizzazione di questo progetto affinché questo si ponga come esempio della Turchia e del Medio Oriente. Hdp sarà un progetto rivolto all’intera Turchia. L’applicazione di questo progetto ingloberà anche quello del Bdp ma avrà una veduta più larga. Sicuramente alle prossime elezioni parlamentari andremo insieme come Hdp.

 

Laura Tocco (1984). Dottoranda di ricerca in Storia e Istituzioni del Vicino Oriente all’Università di Cagliari. Il suo filone di ricerca principale riguarda la storia contemporanea della Turchia e, nello specifico, lo studio della società civile turca. Ha svolto le sue ricerche in Turchia lavorando su fonti in lingua turca. Ha pubblicato articoli per diverse riviste e volumi. La sua tesi di laurea, Censura e società civile in Turchia: il caso Hrant Dink, ha ricevuto la Menzione Speciale al Premio Internazionale di Giornalismo Maria Grazia Cutuli.

 

 

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