La strategia cinese in Medio Oriente


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(Luisanna Deiana) – Si è concluso sabato 23 gennaio il viaggio del presidente cinese in Medio Oriente, durante il quale il leader Xi Jinping ha rinnovato gli accordi diplomatici con Arabia Saudita, Egitto e Iran con l’obiettivo di consolidare le alleanze economiche esistenti e inaugurare nuovi progetti di cooperazione nell’ambito dell’iniziativa One Belt One Road (OBOR), la nuova cintura economica della Via della Seta del XXI secolo.

Il ruolo che la Cina intende assumere nello scenario mediorientale attraverso gli accordi economici siglati con i paesi arabi è una diretta conseguenza dello spostamento dell’asse strategico americano dall’Atlantico-Medio-Orientale al Pacifico, inaugurata nel 2012 con l’incremento di basi e unità militari nella regione asiatica.

La scelta americana di lasciare incompiute le operazioni militari in Medio Oriente e Europa è strettamente connessa al piano di convergenza verso l’Asia (pivot to Asia), voluto da Obama per concentrarsi sul contenimento della Cina. Occorre osservare in tal senso che un intervento americano, in Siria e Iraq, capace di ripristinare la stabilità della regione avrebbe rappresentato un doppio vantaggio per la Cina: avrebbe salvaguardato gli interessi regionali cinesi e scongiurato lo spostamento dei contingenti USA nelle basi asiatiche, dirottando verso il Medio Oriente il perno dell’interventismo globale americano.

Lo spostamento del focus strategico statunitense in Asia ha reso necessario il rafforzamento della presenza cinese in Medio Oriente per garantire la fornitura di materie prime e assicurare gli sbocchi commerciali necessari al ruolo di superpotenza che la Cina intende ricoprire a livello internazionale. Il leader cinese durante il suo viaggio ha costantemente ribadito che la Cina non intende colmare il vuoto politico assumendo un ruolo guida nella regione, bensì secondo il principio, tanto caro ai cinesi, di non ingerenza negli affari interni degli altri paesi e in linea con la cultura strategica mandarina, si è detto pronto ad assumere il ruolo di mediatore e facilitatore del dialogo per condurre ad una soluzione pacifica la crisi mediorientale.

Il successo militare dei bombardamenti russi in Siria, la fine delle sanzioni imposte all’Iran e l’avanzata cinese in Medio Oriente quale principale finanziatore di colossali opere infrastrutturali fanno intravedere la creazione di un blocco politico-militare continentale al quale gli USA intendono contrapporre e condurre un blocco marittimo, che sembra ricreare le tensioni e gli equilibri tipici della guerra fredda, nei quali gli USA potranno rivestire secondo schemi già noti, il ruolo di principale interlocutore garante della pace globale.

La Via della Seta del XXI secolo

L’iniziativa di realizzare la cintura economica della Via della Seta del XXI secolo è stata presentata dal leader cinese Xi Jinping nell’autunno del 2013, durante la visita dei paesi dell’Asia centrale e del Sud-Est asiatico. La nuova cintura economia coinvolge i principali interlocutori euroasiatici nella strategia di sviluppo dalla Repubblica popolare cinese con la realizzazione di due percorsi di interconnessione economica: uno via mare attraverso la creazione di blocchi marittimi contigui tra il Mar Cinese Meridionale, il Pacifico meridionale, e la più ampia zona dell’Oceano Indiano, e un secondo percorso via terra che include a Nord l’Asia centrale, la Russia e l’Europa, nella fascia centrale passa attraverso l’Asia centrale, Asia occidentale fino al Golfo Persico e il Mediterraneo, e al Sud parte dalla Cina attraversa il Sud-Est asiatico, l’Asia del Sud e l’Oceano Indiano.

In sostanza, la “cintura” comprende i paesi situati sull’originale via della seta attraverso l’Asia centrale, l’Asia occidentale, il Medio Oriente e l’Europa e prevede l’integrazione della regione in uno spazio economico coeso attraverso la costruzione di infrastrutture, l’incremento degli scambi culturali e dei traffici commerciali.

La regione attualmente più critica per la realizzazione dell’iniziativa One Belt One Road (OBOR) è la fascia centrale del Medio Oriente disseminata da scontri di religione e in mano a movimenti estremisti apertamente ostili alla realizzazione del progetto cinese.

Rientra nel progetto cinese anche l’inclusione dell’Africa dell’est, (in particolare il Kenya) che sarà incluso nella fascia marittima della Via della Seta con l’implementazione dei porti locali e la costruzione di una moderna linea ferroviaria a scartamento normale tra Nairobi e Mombasa.

Molti dei paesi che hanno aderito agli accordi per la Nuova Via della Seta sono già membri della Banca per le Infrastrutture e gli Investimenti asiatici (AIIB), Istituto dedicato al finanziamento di importanti progetti ininfrastrutturali il cui quadro giuridico è stato siglato a Pechino a giugno 2015 e di cui la Cina possiede il 26% dei diritti di voto.

Oltre alla AIIB, Pechino ha inaugurato il Fondo di sviluppo per la nuova Via della Seta con 40 miliardi di dollari di capitale, il cui ruolo sarà quello di investire nelle imprese locali. Rientra tra le iniziative del Fondo il finanziamento per lo sviluppo dell’energia idroelettrica della Stazione Karot in Pakistan.

 

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