La Tunisia verso una democrazia a rischio. I tre scenari


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(Talal Khrais) – La Tunisia, il Paese del pluralismo politico e dei movimenti storici che hanno pagato il prezzo più alto contro il colonialismo – non poteva cadere nella trappola della Fratellanza Musulmana o del salafismo come è  accaduto in altri Stati, ad esempio l’Egitto, dove le finte battaglie democratiche sono state condotte da forze oscurantiste legate alle monarchia arabe. La Tunisia, lo Stato che ha dato il via alla Primavera araba nel 2011, continua quindi a rappresentare l’unica storia di successo democratico nel mondo arabo. I tunisini hanno liberamente e pacificamente votato per cambiare il proprio governo per la seconda volta dalla caduta del dittatore Ben Ali che risale a più di tre anni fa e sono stati in grado finora di condurre il processo democratico senza che questo sfociasse in una guerra civile.

Ma la democrazia non è ancora salda, soprattutto per la presenza di movimenti radicali che tenteranno fino all’ultimo di creare il caos nel paese. Lo spettro dell’ISIS, poi, incombe sulla pace e la convivenza civile della nazione. Basti pensare che sono circa 2500 i combattenti tunisini arruolati nello Stato Islamico che controlla parte di Siria ed Iraq. 250 di essi sono già stati assicurati alla giustizia dopo aver tentato di rientrare in Tunisia. I servizi di sicurezza hanno impedito a più di 9000 giovani tunisini di recarsi in Siria per raggiungere i gruppi armati di Isis. Il rischio maggiore è attualmente rappresentato dal fatto che terroristi potrebbero infiltrarsi in territorio tunisino approfittando della situazione caotica della vicina Libia.

Le elezioni tunisine  hanno comunque ridato slancio ai movimenti laici e democratici come l’UGT, Unione Generale dei Lavoratori Tunisini. Malgrado i miliardi del petroldollari, spesi per portare il Paese verso l’ignoto, questi partiti sono riusciti a salvare il loro Paese. Un grande merito va ai movimenti femminili e ai movimenti islamici moderati che vedono nel fondamentalismo e nel radicalismo un vero pericolo per la stabilità interna e una minaccia per l’Islam, una religione di pace e di tolleranza.

Il partito laico Nidaa Tounes, uscito vincitore dalle elezioni politiche, si è imposto come la formazione del tanto desiderato cambiamento e più di qualunque altra formazione laica ha raccolto le istanze scaturite dalla rivoluzione del 2011. Oltre a sicurezza ed economia, l’attenzione a temi quali i diritti civili, la parità di genere e l’istruzione laica hanno convinto molti tunisini ad accordare fiducia a Nidaa Tounes.

Nonostante il risultato che lo porta ad essere il primo partito della Tunisia, il giovane movimento laico e progressista guidato da  Béji Caïd Essebsi ha promesso di proseguire sulla via del dialogo e della concordia nazionale. Infatti, nonostante i 9 punti percentuali di distacco tra Nidaa Tounes ed Ennahda, il sistema proporzionale non ha prodotto una maggioranza parlamentare. I vincitori sono dunque costretti a cercare una convergenza con altre forze politiche.

Sul piano internazionale c’è da registrare la presa di posizione di Taïeb Baccouche, Segretario Generale del partito di maggioranza relativa: “Lavoreremo per ripristinare le relazioni diplomatiche con la Siria sorella subito dopo la formazione del nuovo governo”.

Il direttivo del partito islamico di Ennahda, uscito sconfitto dalle elezioni politiche, crede di recuperare nella vittoria delle prossime elezioni presidenziali del 23 novembre. Secondo quanto ha reso noto ai media il dirigente del partito islamico, Abdel Hamid al Jalasi, il Movimento Islamico è sicuro della sua vittoria. Finora non ha scelto il suo candidato. In lizza ci sono: Mouncef Marzouki, Mustafa Ben Jaafar, Ahmed Najib al Shabi, Humud Bin Salama e Abdel Razzaq al Kilani.

Gli scenari potrebbero essere tre: la prima opzione è un governo di unità nazionale con Ennahda, il cui leader Rached Gannouchi aveva aperto alla possibilità di larghe intese con i laici se la situazione post-elettorale lo avesse richiesto.

Il fattore preoccupante è la non disponibilità, finora dichiarata, di Ennahda a partecipare a un nuovo governo: “Ennahda non è interessata alla partecipazione nel governo” – ha detto Ghannouchi – ma sostiene un governo di unità nazionale”. Ghannouchi ha comunque garantito che nessuno ha ancora contattato il movimento su questo tema.

La seconda opzione è l’alleanza di Niida Tounes con il Fronte Popolare di Hamma Hammami (sinistra, ha ottenuto il 5% dei consensi stando agli ultimi dati) o con l’Union Patriotique Libre (Upl, liberali) del ricco uomo d’affari Slim Rihai, sebbene questa convergenza potrebbe non bastare a formare una maggioranza parlamentare sufficiente.

La terza opzione: un nuovo incarico al primo ministro uscente Mehdi Jomaa che ha guidato la transizione fino alle elezioni di domenica scorsa e potrebbe continuare a farlo in attesa delle presidenziali del 23 novembre, per le quali Essebsi è dato come favorito.

Si ricorda che i risultati ufficiali, delle elezioni politiche distribuiscono così i seggi: Nidaa Tounes, ha ottenuto 85 seggi, mentre il partito islamico Ennahda si è fermato a 69. Il partito dell’Unione nazionale libera ha ottenuto 16 seggi, il Fronte popolare 15 e il partito Afaq Tunis 8. Tutte le altre liste minori invece hanno ottenuto 24 seggi.

Sul fronte delle contestazioni, il presidente dell’Istanza indipendente della Tunisia per le elezioni (Isie), Chafik Sarsar, ha detto che l’Isie ha ricevuto diversi reclami relativi a possibili irregolarità’ commesse da alcuni partiti politici, precisando che però non vi è alcuna prova a supporto di queste denunce.

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