Medio Oriente: lo scenario politico e militare dalla guerra dei 6 giorni a oggi


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(Talal Khrais. Beirut) – Che cosa si cela dietro le diverse sigle del terrorismo denominato, con un certo grado di approssimazione,“islamico”? Nessuna analisi su questo complesso fenomeno può prescindere da questa premessa: si tratta di un terrorismo condannato senza mezzi termini da ogni autorità musulmana: “Chi uccide un’anima, uccide tutta la comunità” dice un versetto coranico.

In verità, le sigle terroristiche operano per procura utilizzando le schegge impazzite dell’Islam. Il terrorismo islamico si presenta per la prima volta in Afghanistan quando gli Stati Uniti falliscono l’obiettivo di combattere l’invasione sovietica. In quell’occasione la carta vincente per risolvere il conflitto è stato l’Islam salafita.

Nel corso degli anni, lo stesso Stato onnipotente d’Israele, per garantire la sua superiorità, non ha fatto altro che alimentare guerre interarabe, interpalestinesi e interlibanesi.

Ricordiamo tra il 5 e il 10 Giugno del 1967, il conflitto combattuto tra Israele da una parte, ed Egitto, Siria e Giordania dall’altra.  Tutto finì con la vittoria israeliana. Le stelle di David e le Forze Armate conquistarono la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. Un territorio occupato cinque volte più grande dell’intera terra della Palestina, oggi Stato Ebraico.

Israele era in guerra ma, nonostante questo, nemmeno un vetro fu rotto nelle case israeliane e l’aeroporto operava a pieno ritmo. Tutto proseguiva quindi nella realtà israeliana come se niente fosse mentre nelle terre vicine, barbarie, distruzioni e morte erano all’ordine del giorno.

Nel 1982 Israele invade il Libano grazie alla divisione interna tra cristiani e musulmani, l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) viene mandata via e si crea una nuova diaspora palestinese.

Nell’agosto dello stesso anno, la Knesset, il Parlamento israeliano, approva l’”Operazione Pace in Galilea”, pianificata dall’allora ministro della Difesa Ariel Sharon. L’operazione consiste in una  rapida invasione del Libano meridionale mirata a smantellare le basi militari impiantate dai palestinesi. Un mese dopo, il 14 settembre, l’esercito israeliano spadroneggia a Beirut.  È  la prima volta che una capitale araba viene invasa e i guerriglieri dell’OLP sono costretti nuovamente all’esilio, questa volta verso Tunisi.

Nella notte tra il 16 e il 17 settembre, con il tacito consenso e il supporto logistico delle armate israeliane, e sotto l’occhio fintamente distratto di Sharon, i falangisti assaltano i campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut Ovest, rimasti senza protezione e abitati soltanto da vecchi, donne e bambini. Un massacro nel quale vengono trucidati un numero impressionante di palestinesi.

Nel 1984 nasce la Resistenza Islamica, prende vita il Partito di Dio (Hezbollah) e comincia una nuova epoca. La Resistenza, che può contare su poche migliaia di coraggiosi combattenti, affronta il Paese più forte e armato in Medioriente.

Nel 2000, grazie al sostegno della Repubblica Araba Siriana e la Repubblica Islamica dell’Iran, Hezbollah libera il territorio libanese causando la morte tra gli occupanti di duemila persone, mentre la Resistenza, tra il 1984 e il 2000, perde 2300 combattenti.

Nel 2006 Israele, come un vero e proprio animale ferito, tenta una rivincita che si rivelerà fallimentare: sempre in Libano, la Resistenza Islamica distrugge con i razzi “cornet” di produzione siriana, i carri armati israeliani “Merkava”, fiore all’occhiello dell’industria militare.

Stati Uniti e Israele, alleati ad altri paesi arabi,  comprendono quale sia uno dei segreti strategici della vittoria di Hezbollah e della Resistenza palestinese: l’appoggio di due Stati chiave, Iran e Siria.

Si tenta, di conseguenza, di indebolire questi due stati ma le pressioni economiche e militari sull’Iran falliscono. Al contempo, in Libano riprendono vita le divisioni interne, le guerre intestine nel mondo arabo e musulmano che portano alla liberazione di migliaia di terroristi islamici dalle prigioni saudite, giordane e turche.

In Siria, come in Libano, nascono sigle terroristiche con la bandiera dell’Islam. Siriani e libanesi, malgrado i continui attacchi, combattono insieme e fanno fallire il progetto dell’Islam terrorista.

Fallisce dunque anche il tentativo dei Paesi Arabi del Golfo sostenuti dagli Stati Uniti e Israele, di indebolire la Repubblica Islamica dell’Iran, oggi più che mai, la superpotenza assoluta nella Regione.

Allo stato attuale, l’arsenale missilistico iraniano può contare su un elevato numero di missili di derivazione russa, cinese e nord-coreana e può essere considerato tra i più completi, inferiore solo a quello delle grandi potenze ma capace di assicurare un livello di minaccia considerevole.

Prima fra tutti è la serie Shahab, nata negli anni 80 con lo Shahab-1 che può essere considerato il precursore degli odierni vettori iraniani. Lo scud B, produzione propria. Lo Shahab-2,derivato dallo Scud C è costruito in Iran dal 1990. Grazie al range di 750 chilometri e un margine di errore inferiore ai mille metri, lo Shahab-2 può colpire obbiettivi in Quatar, Kuwait e Oman. Secondo esperti militari arabi, americani e israeliani, l’Iran ha triplicato il numero di missili a lunga gittata in suo possesso a partire dall’inizio del 2008. L’anno scorso Tehran ha inoltre introdotto un nuovo missile a lungo raggio, a combustibile solido chiamato Sajjil e identificato ad alta velocità, alta capacità missilistica e con migliorata accuratezza, con un raggio di 1930 km.

La forza di dissuasione e il fallimento del piano terroristico non favoriscono di conseguenza nemmeno Stati Uniti e Israele. Oggi, infatti, l’epoca di supremazia di Israele sembra volta al termine come dimostrano gli eventi e i teatri di guerra.

Forse lo Stato israeliano è ancora in tempo per recuperare con una pace basata sulle risoluzioni delle Nazione Unite 198, il diritto del ritorno dei palestinesi e 242  e 338 che garantiscono a Israele i suoi confini, riconoscono lo Stato Palestinese e restituiscono i territori arabi occupati nel 1967 comprese le alture del Golan.

Ma sarà veramente in grado di fare questo passo?

Sicuramente oggi, la teoria di Israele di avere la pace e, al contempo, l’occupazione, è oramai alle nostre spalle.

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