(Francesco Gori) – Hezbollah, nonostante l’ostilità verso le “organizzazioni terroristiche”, rifiuta l’alleanza internazionale formata e guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato islamico (ISIS) e altre organizzazioni. La dura presa di posizione arriva dal segretario del partito sciita libanese, Hassan Nasrallah, che ha esortato i paesi che partecipano alla coalizione a “porre fine al finanziamento e alla formazione di queste organizzazioni terroristiche, di armare l’esercito libanese e risolvere il problema dei rifugiati siriani”.
In un discorso televisivo, Nasrallah ha detto: “Non è nell’interesse del Libano far parte di questa coalizione. E’ rischioso per il Libano farne parte. Tutti sanno che Hezbollah è contro l’Is e i gruppi takfiri e li combatte. I gruppi che uccidono e massacrano rappresentano una minaccia per il popolo dell’intera regione. Tuttavia, questo non significa che sosteniamo l’intervento militare americano nella regione. Hezbollah è contro la coalizione internazionale guidata dagli Usa che usa il terrorismo come una scusa per un intervento militare in Siria e in Iraq” e un ”tentativo di prendere il controllo della regione”.
Nasrallah ha descritto gli Stati Uniti come “la madre e la causa del terrorismo nel mondo, nonché sostenitore assoluto dello stato sionista terrorista. L’America non è moralmente qualificata a guidare una coalizione anti-terrorismo, e non siamo interessati a combattere all’interno di un’alleanza internazionale di questo genere”.
Per quanto riguarda il caso dei soldati libanesi catturati lo scorso agosto dai miliziani dell’ISIS e di Al-Nusra nella città di Ersal, al confine con la Siria, il leader del partito sciita libanese ha detto che Hezbollah non è intervenuto in questa vicenda per la quale ci vuole grande prudenza e attenzione: “L’obiettivo del nostro partito è quello di liberare i soldati il più presto possibile. Chiediamo sostegno al governo libanese per affrontare e risolvere la questione”.
Nasrallah ha sottolineato come Hezbollah non si sia mai opposto al negoziato con i rapitori e ha esortato il governo a farlo “da una posizione di forza, perché ha gli strumenti e i mezzi per farlo. Un negoziato condotto da una posizione di debolezza potrebbe condurre a una catastrofe”.
La battaglia di Ersal, i cui residenti sostengono per lo più l’opposizione in Siria, è scoppiata ai primi di agosto tra l’esercito libanese e i combattenti jihadisti provenienti dalla Siria e ha causato, oltre il rapimento, anche la morte di 17 soldati libanesi e il ferimento di altri 86.
Dopo la battaglia di Ersal, alcuni siriani erano stati rapiti “per rappresaglia”. La decapitazione dei primi soldati aveva aumentato la rabbia e la preoccupazione di una parte della popolazione civile libanese nella valle della Bekaa per poi espandersi nel resto del paese. Una sorta di caccia al siriano messa in atto anche dai familiari dei soldati rapiti con lo scopo di fare pressione sui rapitori jihadisti. Tesi respinta dalle fonti di sicurezza locali secondo cui i rapimenti sarebbero opera di bande che hanno approfittato del clima settario, delle tensioni del Paese e del caos che regna nella zona.
In ogni caso il rapimento e l’uccisione, l’ultimo due giorni fa, dei soldati libanesi ha reso ancora più insostenibile la convivenza tra le due comunità. Molti siriani continuano a scappare dai loro rifugi temendo ritorsioni nei loro confronti. A molti di essi è stato espressamente chiesto di spostarsi altrove. In tutto il paese si sono verificati episodi di violenza. Di fronte al crescente razzismo, le autorità libanesi hanno smorzato i toni invitando alla calma. Il premier Tammam Salam è dovuto intervenire in video per dire: “I rifugiati siriani sono la nostra famiglia, hanno chiesto il nostro aiuto e noi li abbiamo assistiti”.
Nasrallah, dal suo canto, ha voluto tranquillizzare i profughi siriani: “I rifugiati innocenti non devono essere danneggiati. Nessuno deve essere ritenuto responsabile per i reati commessi dai terroristi, Hezbollah ha compiuto grandi sforzi per proteggere i rifugiati e respingere il pericolo del terrorismo. Stiamo lavorando affinché le persone che sono arrivate dalla Siria, e non hanno alcuna responsabilità in questa vicenda, siano le prime a poter vivere in un ambiente pulito e sereno. Il Libano si trova ad affrontare una vera sfida e dobbiamo preservare l’unità nazionale e sociale”.