Terremoto in Siria, arrivano i primi aiuti nelle zone sotto il controllo dei miliziani filo turchi


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ANKARA – Una delegazione delle Nazioni Unite è entrata per la prima volta dopo il terremoto nelle aree controllate dai  cosiddetti ribelli e dai gruppi jihadisti filo turchi della Siria nord-occidentale per valutare le necessità delle regioni duramente colpite dal terremoto. La notizia è stata confermata da un corrispondente dell’AFP. Lo scenario è quello spettrale di un’area devastata da 12 anni di guerra e con villaggi completamente rasi al suolo, privi di acqua e luce, completamente ignorati per giorni dagli aiuti internazionali che si sono concentrati in larga parte sul versante turco.

La delegazione è entrata attraverso il valico di frontiera di Bab al-Hawa con la Turchia. “Si tratta in gran parte di una missione di valutazione”, ha dichiarato all’AFP Kenn Crossley, direttore del Programma alimentare mondiale in Siria, a Ginevra.

Intanto  nella zona è arrivato anche il primo convoglio di aiuti internazionali dalla Turchia, attraverso il valico frontaliero di Bab as Salama. Lo riferisce la tv panarabo-saudita al Hadath, citando testimoni oculari nei pressi del valico che collega la regione turca di Gaziantep da quella siriana a nord di Aleppo.

L’Italia, dal canto suo, ha inviato a Damasco, attraverso Beirut, il primo convoglio di aiuti. Il Presidente Assad ha confermato che il soccorso non sarà limitato alle sole aree controllate dal governo ma anche a quelle sotto il controllo dei miliziani filo turchi. Secondo alcune fonti, i gruppi più estremisti si sono rifiutati di aprire i varchi agli aiuti transitati dalle zone filo governative, secondo altre, invece, sarebbe proprio il governo di Damasco a non voler inviare gli aiuti considerando quelle zone della Siria fuori dal proprio controllo.

Intanto è salito ancora il bilancio del terremoto: sono circa 42 mila le vittime. Secondo il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan,  in Turchia sono morte circa 36.000 persone. A queste si devono aggiungerei morti in Siria che, secondo l’ultimo bilancio, sono almeno 6.000 (dati riferiti dal governo siriano e dai ribelli che controllano la maggior parte delle aree colpite).

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